Howard Dean guarda indietro e si confessa: “We gave people hope”
Un vuoto di partecipazione. Persone giovani, ciniche, disilluse alla ricerca di una ragione per darsi all’attivismo politico. Un vuoto che Howard Dean ha avuto l’ardire e l’ardore di colmare — seppure per un breve, fulgido periodo. E lo ha fatto stimolando tale attivismo in maniera ultra-rapida ma quasi invisibile, coordinandolo tramite email e blog. “La gente era pronta per il messaggio”, spiega oggi a un anno esatto dalla candidatura nel pool presidenziale democratico. Questo e molto altro rivela Dean in un’intervista rilasciata qualche giorno fa all’Associated Press. Un dialogo disincantato e onesto, in cui illustra alti e bassi, vittorie ed errori della sua breve avventura elettorale. Insistendo sul fatto di non voler ‘mollare’ quel patrimonio di partecipazione, di non poter deludere le speranze di questi piccoli grandi attivisti.
“…Non c’è alcun motivo di sbattersi per addossare la colpa a qualcuno. Me la assumo interamente io. Sono stato io a verificare ogni decisione, le ho accettate e le ho approvate.” Così Dean taglia la testa al toro, spiegando come proprio il galvanizzante successo (di denaro e di seguito) ottenuto in un batter d’occhio grazie a internet abbia poi provocato una sorta di auto-combustione generale. Con una campagna decollata verticalmente troppo presto, fungendo da bersaglio preferito per i media, per gli altri candidati, perfino per i governanti a Washington. Da perfetto sconosciuto la scorsa estate, a inizio 2004 era divenuto la ‘star’ da battere. Eppure mancava sostanzialmente di preparazione in un contesto così caldo, come pure di ‘media training,’ falle che ora afferma di rimpiangere. Mentre il più navigato Kerry si “rimetteva in sesto, facendo un ottimo lavoro in Iowa,” e il resto è storia recente.
Ma quel che più conta, insiste Dean, è stato il coinvolgimento della gente: “Sono rimasto stupefatto dalla risposta del pubblico — dal loro enorme entusiasmo. Non avete idea di quel che la gente ha fatto per noi. Io sicuramente non ne avevo… c’era chi lavorava 16 ore al giorno, 60 ore a settimana dopo l’orario d’ufficio, chi si è licenziato dal proprio lavoro. Non mi sarei mai aspettato di vedere cose del genere.” Impossibile deluderli, impossibile ignorare questa ventata di partecipazione e speranza. Ecco allora Dean continuare a essere ‘on the road’ sei giorni a settimana, ben oltre la fine della campagna personale. Ed eccolo proseguire lungo la strada della Democracy for America, sostenendo tra l’altro quei candidati democratici che in elezioni locali si fanno avanti per “cambiare il nostro partito, per cambiare il nostro paese.”
Senza farsi prendere da eccessivi entusiasmi e coscienti degli opportunismi di bandiera, tutto ciò offre una imperdibile boccata d’aria fresca nell’attuale panorama politico-culturale, da una parte e dall’altra dell’oceano, a dir poco asfittico e demenziale.
Su caso Dean segnalo un articolo di Formenti pubblicato quest’oggi (domenica 20 giugno)su L’Articolo.
[…] siste l’attivismo online (ma non solo) dell’ex-candidato Howard Dean, il quale in una recente intervista spiega di voler rilanciare quella ventata di partecipazione e sp […]
[…] tantly updated blogs that have built communities around their readership. – Riferimenti: Howard Dean guarda indietro e si confessa: