Tecnoetica. Tecnologia, società e valori
Prima parte
Siamo immersi nella tecnologia, siamo intrisi di tecnologia: viviamo in uno spazio che è per metà sociale e per metà tecnologico. E’ un technoscape (come lo chiamerebbe l’antropologo Arjun Appadurai).
E’ inevitabile che in una situazione del genere la tecnologia eserciti la sua influenza sulla società, sulla cultura e conseguentemente sui valori. L’idea alla base di queste righe è che per comprendere il portato della tecnologia contemporanea, bisogna focalizzarsi sul ruolo giocato dai valori.
Niente di nuovo all’orizzonte: già la bioetica ha fatto notare quanto importante sia l’ingresso della scienza nella vita quotidiana, quanto il potere delle discipline biomediche debba essere mediato dal ruolo dei valori alla base delle scelte individuali.
La stessa cosa avviene per quanto riguarda i rapporti che instauriamo con – e sempre più spesso grazie a – la tecnologia.
Perché esistono fasce di persone che sono ostili allo sviluppo tecnologico? Fino a che punto è reale e fino a che punto è ideologica la guerra contro il Peer to Peer? Esiste un altro modo di intendere l’economia del software che veda in primo piano i modelli economici del tipo Open Source? La nanotecnologia diventerà una minaccia o un’opportunità?
Domande profonde queste che legittimano una riflessione in cui parlare di tecnologia vuol dire parlare di politica – certo – ma anche e soprattutto di valori.
Benvenuti nella tecnoetica.
Se tecnologia, valori e politica sono gli elementi fondamentali del discorso tecnoetico, le scienze sociali possono avere un ruolo molto importante per aiutare a dipanare la matassa.
Un contributo importante può venire dalle riflessioni teoriche e dalle ricerche empiriche sviluppate nel settore di studio denominato Science and Technology Studies (Studi Sociali della Scienza e della Tecnologia). Infatti in questo campo esistono una serie di idee che possono tornare molto utili per evitare di cadere nel noioso quanto inutile dilemma se sia la società a influenzare la tecnologia o la tecnologia a influenzare la società.
Prima di usare tale patrimonio concettuale, è bene intendersi su come considerare la tecnologia nel momento in cui la si analizza congiuntamente alla sfera dei valori, pertanto è necessario distinguere una pars destruens, analitica e critica, da una pars costruens, costruttiva ed esplorativa.
Per quanto riguarda la pars destruens, vuol dire essenzialmente capire di cosa si sta parlando quando si parla di portato etico della tecnologia. Per poter fare ciò ci viene in aiuto uno splendido saggio del filosofo tedesco Hans Jonas, molto influente nel settore della bioetica, padre dell’idea secondo la quale dobbiamo vivere avendo cura del nostro pianeta in quanto abbiamo l’obbligo morale di avere un atteggiamento responsabile verso le generazioni future. E’ il famoso principio di responsabilità.
Jonas identifica cinque motivi che rendono la tecnologia contemporanea soggetta della riflessione etica, motivi questi che discendono dal fatto che la tecnologia è una forma di potere e in quanto tale deve sottoporsi all’analisi morale.
Questi motivi sono i seguenti (Jonas 1985):
1. L’ambivalenza degli effetti. E’ difficile dire se gli effetti della tecnologia siano buoni o cattivi in maniera assoluta. Lo storico della tecnologia Melvin Krantzberg ha splendidamente sintetizzato questa idea nella famosa frase: «La tecnologia non è né buona, né cattiva, né neutrale»
2. L’inevitabilità dell’applicazione. Sviluppare una tecnologia porta con se l’idea che prima o poi sarà applicata in qualche contesto. Non esistono tecnologie sviluppate che non siano state utilizzate (o almeno che si siano tentato di utilizzarle).
3. Effetti globali nello spazio e nel tempo. Ovvero la tecnologia fa risentire delle sue conseguenze superando le barriere del tempo (la rivoluzione industriale) e dello spazio (il riscaldamento globale).
4. La rottura dell’antropocentrismo. La tecnologia ha un potere che va al di là del tempo dello spazio, pertanto l’uomo diventa responsabile non solo della propria condizione ma anche della vita sulla terra.
5. L’emergere del problema metafisico. Quali sono le condizioni da soddisfare per garantire l’esistenza dell’uomo sulla terra? Il problema metafisico emerge come risultato dell’effetto congiunto delle precedenti caratteristiche delineate.
La pars costruens è relativa ai diversi modi di intendere il rapporto fra tecnologia e valori: in che modo possiamo descrivere la reciproca influenza fra tecnologia e valori?
Abbiamo tre modi di descrivere questo rapporto.
Il primo: La tecnologia come frutto di valori.
Esistono molti esempi atti a testimoniare questo legame. Basti pensare all’importantissimo ruolo giocato dalla nascente comunità hacker nella messa a punto del personal computer. In una situazione per cui il paradigma tecnologico dominante era dato dai sistemi mainframe, è stato l’attivismo di un manipolo di appassionati che vedevano nella tecnologia un importante fattore di libertà a far nascere l’idea che tutti dovessero avere un proprio computer.
Il secondo: la tecnologia come veicolo di valori.
Così come l’arte e l’architettura, anche la tecnologia può portare con se delle specifiche idee sui rapporti umani, sulle relazioni con le persone, sul nostro legame con il mondo e così via dicendo. Lo studio dei media è ricco di esempi di questo senso. Come nel caso della nascita della televisione. La televisione non è particolarmente interessante solo nel suo aspetto tecnologico, in quanto è il risultato degli studi sulla trasmissione delle immagini in movimento. La cosa interessante della televisione è l’aver radicalizzato una logica di comunicazione da uno a molti (il broadcast) che è spesso stata utilizzata a fini ora autoritari ora a fini democratici, ma il cui sinistro potere di controllo sociale è stato svelato dl romanzo di George Orwell “1984“.
Il terzo: la tecnologia come modificatrice di valori.
In questo caso la tecnologia una volta inseritasi in un contesto sociale e diventando di uso sempre più diffuso, comincia a influire su alcuni modi che abbiamo di riflettere su noi stessi e sulle cose in cui crediamo. Come nel caso dell’etica hacker, ovvero quel tipo di valori che si contrappongono all’attuale etica del lavoro figlia dell’ideologia protestante (così come aveva notato Max Weber) e ne propone un’altra in cui le idee chiave sono la condivisione e la libertà. Il movimento legato al sistema Linux è esempio di una community che ha fatto proprio un modo di intendere il lavoro completamento diverso. Ma è anche il caso della privacy, una volta concetto legato alla sfera della nostra intimità, mentre oggi in una società in cui sono molteplici le tecnologie di comunicazione, è un concetto relativo alle informazioni relative a noi stessi.
Questo è il panorama all’interno del quale collocare le domande sul perché (pars destruens) e sul come (pars costruens) avvengano i rapporti fra tecnologia e valori.
E’ ora il momento di muoversi all’interno di questo quadro, ovvero di parlare della tecnoetica.
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Davide Bennato insegna presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Roma “La Sapienza”. Si occupa di Sociologia della Tecnologia e Comunicazione Pubblica della Scienza. Fra i suoi lavori: “Le metafore del computer” (Meltemi, 2002), “Wireless e comportamenti sociali emergenti” (Edizioni 10/17, 2004).
Questo saggio è un adattamento della ricerca presentata al II Forum Nazionale dei Sociologi (Napoli, 9 ottobre 2004). La versione completa può essere letta qui.
Molto bello e soprattutto perfettamente in linea con gli obiettivi di Politicaonline. Quando ci inventammo questo blog, avevamo in mente di realizzare un luogo dove si discutesse del rapporto fra cultura e tecnologia nel senso più ampio possibile, proprio perchè questo non è né scontato né neutrale. Si tratta appunto di un rapporto “politico” fin dalla determinazione del codice stesso. Quanti progetti non hanno mai visto la luce perchè “politicamente” non desiderabili?
Di recente mi sono fermata a riflettere in questi termini finanche in rapporto al web semantico. Quanto più diviene pervasiva la tecnologia (il technoscape), tanto più saranno determinanti le ontologie con le quali assimiliamo la realtà nei processi culturali. Chi contribuirà dunque alla realizzazione delle ontologie avrà il potere di determinare buona parte della realtà (essendo prevalentemente segnica). Ci sarà posto per le sfumature? Che fine farà il multiculturalismo??
L’intervento di Davide è chiarissimo e molto stimolante. E la provocazione di Shine sembra che nasconda strani timori. Non so se è questione di sfumature, quanto forse di regole. Se cioè le regole vanno definite dai creatori del techoscape o piuttosto dagli utenti. Per regole intendo anche codici di comunicazione, non solo normative “politiche”. E’ la questione su cui si basa lo sviluppo di tutta la sfera tecnologica e digitale. Altrimenti il multiculturalismo finirà per essere soverchiato da una specie di “omologazione tecnologica”, molto confusa e sopratutto poco democratica.