Tutto ciò che non è formalmente illegale è legale…
Il dibattito pubblico sulla questione sollevata da Eco (e nel tempo sollevato da tanti altri illustri intellettuali …a partire da Montanelli) è stato trasformato viziosamente in un altro quesito: questo tipo di allarme serve o meno ad influenzare il comportamento di voto? ed in quale direzione?
L’immediata traduzione dell’appello di Eco in un messaggio a fini persuasori ha avuto l’effetto di impoverirne il senso riducendolo né più né meno alla stessa qualità (ed al sapore vagamente paranoico) dei messaggi di Berlusconi contro il comunismo che attenta alla democrazia. Dispiace per la verità veder diminuire Eco – ormai uno dei pochi che con le sue opere continua a dare lustri all’Italia in tutto il mondo – alla stessa stregua degli agitati politici italioti che consumano la loro popolarità in un volo di farfalla. Dispiace parimenti che sull’argomento non si sia voluto aprire un dibattito più serio, lasciando l’invito di Eco alla sua natura effimera di appello. Eppure, quanto è venuto alla luce ieri sulla questione delle intercettazioni che richiama in maniera diretta l’altro gravissimo (e misteriosamente impunito) episodio dell’intromissione nel sistema informativo del comune di Roma da parte di una società di eleborazione dati che lavorava per Storace (allora presidente della Regione Lazio), dovrebbe segnalarci che il confine è stato oltrepassato di molto. Si è andato cioè oltre il segno…oltre lo statuto della libera e legittima competizione, così come auspicata dalla teoria democratica. Berlusconi – ormai incastrato dal bisogno di un recupero di reputazione visibile nei diversi tentativi di mostrarsi come un uomo che sa – se vuole – anche non abusare del suo potere (ad esempio non facendosi ricevere dal papa e rinunciando alla conferenza stampa finale) – molto strumentalmente ma molto prontamente – ha scaricato Storace.
Ma, il punto, gravissimo e non messo in luce nell’appello di Eco e dal dibattito che ne è seguito, riguarda l’attentato costante, continuo, pernicioso che la destra ha operato nei confronti delle cosiddette regole. Badate, non si tratta delle regole scritte quelle per cui è facile verificare lo stato di deviazione, si tratta di qualcosa di molto più sottile e delicato che riguarda la struttura stessa di coesione della società. Le regole a cui faccio riferimento sono quegli usi e costumi che normano in maniera informale ma oltremodo efficace il vivere civile, l’anelito al bene comune, universale. Ecco, la destra ed in particolare Berlusconi ha creato una frattura forse incolmabile fra bene comune e bene di parte, utilizzando uno stratagemma efficacissimo ma pericolosissimo: tutto ciò che non è scritto nella legge, tutto ciò che non è stato formalizzato in qualche atto dotato di pubblicità allora si può fare. Le regole del vivere civile, dell’etichetta istituzionale, del cerimoniale, della consuetudine, della fairness, non esistono. Vale a dire che possono essere manipolate, aggirate, superate, alienate, decostruite, utilizzate a proprio piacimento. Fatto questo, ci ritroviamo proiettati nella società di Hobbes, del tutti contro tutti, dell’uomo che è lupo dell’uomo. Gli esempi, piuttosto elequenti, sono sotto gli occhi di tutti: c’era scritto da qualche parte che la legge elettorale non si potesse cambiare in estremis? Se non è formalmente illegale è quindi legale. C’era scritto da qualche parte che Berlusconi non potesse occupare la tv prima che scattasse la par condicio? Evidentemente no, se quindi non è illegale, a rigor di logica è legale e quindi si può fare.
Provate solo ad immaginare – per un brevissimo momento – cosa Berlusconi avrebbe potuto fare in Inghilterra, un paese dove il diritto non è scritto.
Questo è dunque il richiamo di Eco, il suo presagire un impossibile ritorno alle regole del vivere civile – e democratico – se Berlusconi verrà nuovamente eletto. Alla destra bisognerebbe spiegare che quello che non è vietato non è detto che sia etico. E sotto questo aspetto che andranno misurati i danni di questo governo, l’aver forse cambiato per sempre la natura degli italiani. Privandoli di una coscienza civica.
Quello che mi preoccupa, per non dire mi fa paura, è esattamente il senso del messaggio generale e dei messaggi che emergono dalle parole e soprattutto dai comportamenti della nostra classe dirigente e no, che mano mano vengono ad affermarsi come del tutto ” normali ” nel nostro vivere quotidiano riflettendosi in moltissime situazioni che a prima vista non avrebbero niente a che vedere con cio’ di chi si dibatte e si discute. Nessuna regola, nessun criterio meritocratico, nessun senso di quei valori che dovrebbero essere sempre e comunque ” al di sopra “. Tutto deve essere riportato al potere o meglio all’esercizio del potere in quanto tale esercitato mediante parametri riconducibili soltanto alla propria capacita’ economica in grado di ” comprare ” tutto.
Ma perche’ stupirsi di tutto cio’ ? Tale situazione non viene dal nulla e si è voluta abilmente costruire ad arte lasciando a pochi eletti la facolta’ di continuare a mantenere un minimo senso critico nei confronti di chi, nascondendosi dietro un falso
” pragmatismo sociale ” ha pensato bene che lavorare ed investire nella ” crescita culturale ” non fosse affatto remunerativo. Infatti la ” cultura ” costa, e noi lo sappiamo bene.
Se consideri che Buttiglione ha dovuto fare un appello pubblico affinchè il governo di cui fa parte non continuasse a tagliare i fondi al suo ministero, appunto, dei beni culturali…allora si capisce quanto sia becero il “pragmatismo sociale” cui fai riferimento. Sic.
E’ tempo di cambiare, ed è tempo che i più giovani scendano in politica.