Le “parole in libertà” del Signor B.
Centoundici interventi tra discorsi istituzionali, comizi, scritti, interventi televisivi, conferenze stampa. Una presenza scenica imponente e innegabile, ma soprattutto una quantità di parole, di “artifici retorici”, di scelte lessicali talvolta spontanee e naturali, in altri casi sapientemente studiate a tavolino.
Per tre studiosi italiani il teatrino politico del Signor B. e il suo infinito zibaldone di pensieri e parole non hanno segreti. Sergio Bolasco, docente di Statistica e Metodi di text mining all’Università di Roma “La Sapienza”, Nora Galli de’ Paratesi, che insegna Linguaggio e Comunicazione alla American University of Rome e Luca Giuliano, professore di Metodologia delle Scienze Sociali e Strategie di narrazione ipertestuale all’Università di Roma “La Sapienza” hanno pubblicato in questi giorni per Manifestolibri una compiuta analisi dalla quale emerge uno screening fedele e impietoso dell’oratoria di Silvio Berlusconi. “Parole in libertà” esamina il linguaggio politico del premier, che ha rappresentato un cambiamento percepito subito dal pubblico, e giocoforza assimilato anche dai suoi stessi avversari. Ma quasi tutte le analisi si sono concentrate sull’immagine del protagonista, sul corpo dell’attore piuttosto che sul contenuto dei suoi monologhi. In questo caso lo studio delle sue parole rende visibili tutti i trucchi e le scelte del suo approccio ai pubblici più diversificati, siano l’impettito popolo azzurro che applaude ai suoi comizi, i politici internazionali, gli onorevoli nostrani, i giornalisti più o meno servili o i pochi interlocutori occasionali che si è trovato davanti nei suoi cinque anni di zoppicante governo ma di salda leadership carismatica e politica.
Al mondo della comunicazione politica Berlusconi ha presto dato una ventata di novità, trasferendo il linguaggio del suo mondo imprenditoriale, il gergo sportivo della “discesa in campo”, degli “azzurri” e della “squadra di governo”, forte dei suoi successi calcistici, e trapiantando i codici della persuasione dal mondo del marketing a quello politico. Il suo è un linguaggio corrosivo e irrazionale in cui dominano il sentimentalismo delle parole, la ridicolizzazione dei contenuti, la teatralità dei gesti. Racchiude almeno due forti novità emerse negli ultimi dodici anni. I suoi periodi brevi e non contorti, un vocabolario comprensibile, una fantasia “televisiva” in certe espressioni colorite fino a quel momento rimaste estranee ai recinti della politica, ne hanno fatto un punto di riferimento naturale per coloro che consideravano la politica “troppo difficile” o incomprensibile, distante e monotona.
Eppure la sua chiarezza sintattica nasconde secondo gli autori “pericolose operazioni di mistificazione e un degrado che, pervadendo le istituzioni, di fatto costituisce un modello negativo per il Paese”. Con un’operazione di riduzione di complessità Berlusconi si avvicina ai suoi elettori attraverso un linguaggio politico fatto contemporaneamente di dati incontrovertibili perché intoccabili, e termini di marcata affettività (“L’Italia è il paese che amo…”), utilizzando frequentemente parole come “cuore”, “affettuoso”, “commovente”, nel sottolineare i fraterni rapporti coi suoi alleati, o l’amicizia profonda con Putin o Bush. Umanizzazione o “infantilismo politico” che sia, una simile strategia “scongela” i palazzi del potere dalla freddezza impacciata di tanti suoi predecessori, poco capaci e poco simpatici, senza fascino e soprattutto “molto noiosi”. L’altro elemento di grande discontinuità col passato sta proprio in questo. Differenziandosi profondamente dai precedenti leader e stimolato dal contesto internazionale di diaspora continua su temi come la guerra al terrorismo, le alleanze internazionali o gli scontri con la magistratura, Berlusconi ha introdotto la logica dicotomica e manichea del “noi contro loro”, adottata anch’essa dai suoi trascorsi sportivi, e figlia tanto di una logica concorrenziale di mercato, che di una soppesata e strategica estremizzazione del conflitto politico. I mondi inconciliabili emergono dall’opposizione del “vecchio e nuovo”, dai termini coi quali rievocare una politica superata, come “apparato”, “burocrazia”, “partito” “Stato”. E ancora l’avversario definito da aggettivi come “dispotico”, “illiberale”, oppure “strisciante”, per dare l’idea del rivale losco e viscido, oltre all’immancabile “comunisti”, che diventa quasi un’etichetta che li racchiude tutti. A questi si contrappone un linguaggio nuovo, quasi anche la politica fosse stata investita di slang giovanili, investita dal confronto con le logiche di comunicazione dei nuovi media, con i tempi e gli spazi della televisione, della rete, perfino degli sms. Abbondano i termini stranieri per dare spessore internazionale e appeal cosmopolita ai provvedimenti come “tax-day” “security” e “devolution”. I buoni diventano “difensori della democrazia”, affiora un linguaggio bellico che prevede “la chiamata alle armi” o il lessico religioso dei “missionari della libertà”. E la forza della leadership, già solida nella sua espressività fisica del condottiero ritto e fiero che parla all’uditorio estasiato circondato dal cielo azzurro, viene evidenziata dai “sono convinto che”, “non c’è dubbio”, “io ne sono certo”, “vedrete…”.
I tre autori sottolineano la ricerca continua di un rapporto diretto, quasi familiare con i propri seguaci, di una semplificazione che rammenta lo scenario degli elettori “bambini di undici anni” di una sua vecchia frase di qualche anno fa. Ricaccia la formalità dei pubblici affari di una volta, la rigidità della Costituzione, quelli che sono “i professionisti della politica”, legata a tempi lunghi e quasi fine a sé stessa, che si contorce nelle burocrazie e perde di vista il vero obiettivo del “buongoverno”: il benessere. Una persuasione accattivante e una semplicità linguistica che forse fa regredire la retorica politica, ma che gli ha permesso di sedurre l’Italia cinque anni fa. Un meccanismo di imitazione continua che la società ha fatto suo più o meno volontariamente, e che pervade di berlusconismo anche la vita quotidiana di tanti cittadini “incolpevoli”. Un linguaggo che demolisce più che costruire, ma che viene confrontato con una sinistra ancora incerta con lo sposare un solo ed unico modo di parlare.
La minore sicurezza delle ultime uscite, e una scarsità di argomenti mascherata dalle solite parole ci restituiscono un Berlusconi forse troppo affabulatorio, ancora troppo legato alla solita oratoria. Forzature come “a sinistra sono sempre incazzati!”, o i continui riferimenti alla sessualità, alle “bellissime segretarie”, o “al ponte che consentirà di andare a trovare l’amante oltre lo stretto”, sembrano segnali di minore consistenza, come per il comico senza più repertorio che la butta sulle barzellette volgari per salvare la serata. Tra un mese vedremo se il pubblico italiano applaudirà ancora, divertito e sedotto, o se chiederà indietro il prezzo del biglietto e si affretterà a cambiare palcoscenico.
La notizia che riempie i giornali di quest’oggi è il cortese (ma vomitevole) litigio fra Berlusconi e la Annunziata. E’ sempre sorprendente come il corpo e l’anima possano reagire in maniera apparentemente scissa, autonoma. Con l’anima si polemizza ed accusa di faziosità una giornalista che rifiuta di fare da scendiletto, con il corpo le si stringe “cordialmente e lungamente” la mano. Ma quegli occhi pieni di odio erano senz’altro la cosa più espressiva ed imbarazzante. La cosa che contribuisce a spiegare il significato profondo sia delle parole che della stretta di mano. Quello dell’Annunziata si configura come un attentato all’istituzione, quella di Berlusconi una reazione del tipo “lei non sa chi sono io” o meglio “lei fa finta di non sapere chi sono io”. Se la Annunziata gli avesse concesso la “parola in libertà” in omaggio alla sua veneranda età (come si fa per cortesia al cospetto di anziani) ne avrebbe decretato il collasso.
Il linguaggio di Berlusconi
Ruoli invertiti, come sempre più spesso accade tra blogosfera e media tradizionali. Mentre Politicaonline dedica un bel post allo studio Parole in Libertà pubblicato per Manifestolibri, la BBC pubblica sul suo sito un bestiario con tutte le gaffe di
…a ciascuno il suo pubblico 🙂
il “bestiario” cui ci si riferiva sopra credo sia questo, in tipico stile pulito e dall’umorismo sottile della BBC:
In quotes: Berlusconi in his own words
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/3041288.stm