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Rivoluzioni silenziose

A proposito de I Barbari, risposta all’inchiesta su Repubblica proposta da Baricco.
Chi sono i barbari che premono dietro le porte? Cosa vogliono? Sono pericolosi? Sono i senza-cultura del Grande Fratello televisivo che non leggono libri e romanzi o una nuova-misteriosa avanguardia di pensiero….
Bruce Chatwin da integrato anticonformista parlerebbe di invasioni nomadi facendo l’occhiolino a D.H. Lawrence. Benjamin con Goethe annuncerebbe la fine apocalittica dei “Grunderjahren”, mentre Kerouac tra una cerveza ed un trip accennerebbe a “I sotterranei” con il bop che diviene beat e per metamorfosi bit.
Allora Howard Rheingold, dagli States, ipotizzerebbe provocatorio rivoluzioni silenziose, Florida gli risponderebbe con la crescita della creative class, ove l’ X Generation di Coupland cammina a braccetto con i Bobos in Paradise.
Ed eccoli serviti, i barbari: ragazzi e ragazze del secolo/millennio che non è ancora, in ognuna in tutte e in nessuna di queste definizioni. Silenziosi attendono, sotto le acque, per non farsi divorare dalle Zanzare.
Liberi pensatori, iper-lettori, sognatori. Pseudo-scrittori, comunicatori, bloggers, (traduttori?)

Giovani uomini, donne e uomini-donne (e vice-versa). Post-intellettuali trans-identitari. Nomadi multilingual, a volte precari a volte casseurs. Con fatica, sudore ed amòr risalgono la mappa di Renè Thom che dall’insignificanza procede, si spera, verso la significazione. Barcollando tra senso e non senso, logos e no-logo(s). Struttura e movimento, tracciano con Lotman linee infinite per una nuova semiotica delle culture. Ai mono-piani del pensiero preferiscono i mille rizomatici labirinti di Gilles Deleuze, di Borges e di Calvino. Alle gerarchie del sapere, le archeologie di Foucault. Bloggers su carta, autobiografici sul bit, al potere (talvolta) asfissiante delle piccole reti contrappongono l’ariosità dinamica di quelle più grandi. Alla volgarità delle società trasparenti della mono-TV, la perenne, ambigua, contraddittoria ricerca di ragioni razionali per credere nell’assurdo. Nel diverso. Nei beautiful losers.

Sospettosi, alle volte, della rigida fissità di identità incancrenite da poteri (e partiti) personali, narcisismi tridimensionali (per dirla con Luperini) suggeriscono il fresco dinamismo delle intelligenze connettive, elogiando con Laborit (e con Cervantes) curative fughe nell’immaginazione. Della lettura, scrittura. Della letto-scrittura, tra una danza balcana, un ritmato raeggaetòn e un bolero très romantique. Alla morte di Marx risponderebbero con la vita (e vitalità) delle donne maya, delle mulatte di Baracoa, delle maricas dell’Avana, degli scugnizzi di Toledo. Senza ignorare i musicisti di Cadìz, a Carnevale, tra reti bagnate e cozze e travestimenti d’ogni sorta. Se il villaggio è (no)global((e)), evviva allora i mille molteplici colori e suoni e volti e rughe dei suoi abitanti.

Agli amori annichiliti e minimali, televisivi e deforma(n)ti sostituirebbero la passiòn bianco-nera di Percepied e Mardou. Il legame insolito de la fata dell’angolo e del suo torero, con gran dispetto del burattinaio-burattino Pinochet. E di tutte le dittature (politiche, culturali, razziali, generazionali, sessuali, mediali). O quello, infine, appena immaginato del pianista sull’oceano con la giovane, delicata, fanciulla che dietro un vetro, ahimè, si allontana e sbiadisce. Di strada ne hanno fatta questi ragazzi, questi freak. Temuti ed occulti come i mostri di Tod Browning e di Tiziano Sclavi. Perchè il mostro, come l’altro e il diverso, è già quella nera bestia che ci sguazza nel cuore.

Da dire, forse, ne avrebbero. Per capire, insieme. Tradurre, commuovere, interpretare. Far tremare? Scrivere. Ricucire pezzi di ieri con pezzi di oggi, farli dialogare. Innamorare, litigare. Non è dagli ibridi, poi, che risorge la specie?Qualcuno, forse, lì fuori è in ascolto…è sincero? Ci studia? Perchè ci studia, cosa vuole capire? “La mancanza di coraggio è letale” scrive Henri Miller con Renè Crevel, eppure sinora abbiam occultato e disseminato con Palahniuk mappe, bussole e regole sotto la sabbia. Nella Costa Brava non lontano dal museo Dalì e tra le pietruzze bianche della farina liquida de las playas di Tulùm. Passando per Pozzuoli, saltellando tra le nere pietre di Stromboli sino alle sabbie-conchiglia di Positano. In questo viaggio abbiamo anche costruito e de-costruito la bellezza, nei nostri occhi ve n’è ancora traccia se prestate attenzione.

Difficile (voler) però ricomporre tutti i pezzi. Le direzioni. I mille, infiniti, ipertestuali piani. Ci si potrebbe provare, forse. Perchè se lì fuori tira troppo vento qui sotto, alle volte, c’è poco chiarore.

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4 commenti

  1. bugia balcana ha detto:

    ci voleva proprio lulù e i suoi fuochi da zingara elettrica
    in quest epoca di borseggiatori in doppio click
    rimaniamo vaporizzati per non restare nelle strade
    di carte spiegazzate che portano segni sempre troppo lineari
    per soddisfarci ormai, noi che sappiamo perderci senza fingerlo dobbiamo starcene ad aspettare la rivoluzione delle pietre miliari

  2. evelina ha detto:

    alla rivoluzione sulla due cavalli andiamo vestiti belli
    niente frack vedi nè curiosi jeans strappati ma gonne lunghe gitane,
    uguali uomini e donne rasta coi capelli lunghi quanto basta, stiamo imparando a disimparare troppi codici
    che abbiamo acquisito, e non capito
    che se dan brown dice bugie la chiesa non scherza,
    e allora meglio perdersi, sfumando nuovamente coi bit quei labili confini tra vita e morte, su un piano infinito di lapilli,
    dando un BYTE all’ esistenza e comprando dissolvenza,
    tra falso e vero,in questa casa degli spiriti in cui VOlVEr tornar e in cui misery è l’unica a non voler morire..
    NON ci sentiamo barbari ma piuttosto naviganti
    tra il vecchio e il mare che non bagna napoli ,
    siamo tanti, illustri sconosciuti ad una festa
    in cui portiamo in dono biglietti per gli amici,
    ascoltando jack frusciante, oggi più che mai rientrato nel gruppo,
    e allora ci stordiamo su quell’isola di arturo misteriosa
    dove ancora i pescatori usano la Rete
    e ancora il Sole fa venire sete
    provando a connettersi nel ventre di una città che davvero ci coincide, cucita addosso,
    nel suo essere metropoli fluo e borgo, con le rane nel fosso e la ginestra sul vulcano
    allora i barbari metropolitani mi sembrano ovunque, schegge impazzite in questa città del libero pensiero,
    che accoglie tutti e li sovrappone,
    in questo regno delle due sicilie abbiamo un treno
    che passa -invano- in un museo
    perchè a napoli i barbari non sono mai esistiti
    e il villaggio globale l’abbiamo sempre avuto
    magari più al centro della terra che nella sua superficie…

  3. Rosanna De Rosa ha detto:

    Che darei per sapere cosa vi fumate! Saluti da Forlì dove lulù di ogni tipo sfrecciano veloci sulle loro bici con tanto di corredo di bambini a carico.

  4. Evelina Bruno ha detto:

    non te lo diciamo…mica, cosa ci fumiamo, che poi magari lo dici a fini…:)
    1 bacio ai bimbi…e alle bici!

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