Pubblicizzazione della sfera privata e privatizzazione della sfera pubblica
Tutti dovrebbero evitare l’argomento e occuparsi di questioni più gravi. La crisi economica internazionale dovrebbe imporre maggiore rigore e un’attenzione a temi più urgenti riguardanti il lavoro, il costo della vita, le imprese, ecc. Eppure tutti, ma proprio tutti, non ne possono fare a meno. La separazione fra Veronica e Silvio è oggetto di riflessione nazionale, internazionale, globale. Se ne discute a casa, in ufficio, con il partner, dal parrucchiere, dal barbiere, al bar o dal giornalaio. Si accende la televisione e i titoli dei telegiornali riportano l’attenzione sul punto. D’altro canto, si parla sempre dei problemi coniugali degli altri come occasione per ribadire i valori su cui si fondano i propri rapporti affettivi. Si condanna il tradimento degli altri, come strategia per allertare preventivamente il nostro partner su che tipo si sanzione incontrerebbe qualora decidesse di tradire. Viceversa si discute degli equilibri su cui si reggono i rapporti di altre coppie per introdurre elementi di novità all’interno dei propri. Ma qui la questione è davvero più complessa. Perché non si tratta di giustificare la genuinità dell’inciucio nazionale.
Non è colpa di Veronica se Silvio ha reso pubbliche le sue vicende familiari. Questa operazione di publicizzazione della sfera privata è servita a dimostrare agli italiani che dietro le gesta eroiche dell’imprenditore vi era una famiglia affettuosa perfettamente incastonata nella storia personale di un leader di successo. Ieri il leader del Pd, Franceschini, dai banconi televisivi di Ballarò, ha ricordato la campagna in cui Berlusconi ha sbandierato la sua storia familiare rendendola icona della sua statura morale. Diversa è l’operazione, ancora più efficace, di privatizzazione della sfera pubblica, condotta dal capo del Pdl. Le riunioni ad Arcore, dove nel privato del salotto più prestigioso d’Italia si decidono le sorti del Paese. E la stessa sovrapposizione dell’imprenditore al politico di professione, ha convinto l’elettorato della cura che solo Silvio può garantire alla nazione, come se si trattasse di una azienda familiare. Probabile che sia così ma non è questo il punto di cui la gente adesso vuole dibattere.
E infatti non finisce qui, perché l’ulteriore problema che questa vicenda pone è quello della immoralità berlusconiana rinvenibile dall’episodio di Noemi Letizia, la neodiciottenne che ha festeggiato il suo ingresso in società in compagnia del presidente del consiglio italiano. Comportamento che ha suscitato reazioni private da parte di componenti della sua famiglia e pubbliche, da parte di autorevoli voci del mondo cattolico. Può darsi che sul punto abbia ragione il premier, quando sostiene che questa vicenda non gli farà perdere il voto dei cattolici. A quanto pare la strategia comunicativa vincente è quella che riesce ad assicurare la vetrina mediatica più duratura. L’importante è che si parli di lui, sempre che lui riesca a farsi interprete di sentimenti in questo caso maschili, più o meno latenti, almeno rispetto a quanti dinanzi alla foto di Noemi si sono lasciati piacevolmente impressionare dal suo grazioso aspetto fisico.
Tuttavia, questa ardita presa di posizione pubblica, a dispetto del incredibile esposizione mediatica che gli ha fruttato, di certo gli complica la vita per i suoi obiettivi politici di più lungo periodo. Immaginiamo, ad esempio, che difficilmente un candidato presidente della repubblica possa vantare nel proprio background esperienze affettive con minorenni. Ma potrebbe anche trattarsi dell’inizio della fine di un consolidato tabù che pregiudica quanti intrattengono rapporti con persone decisamente più giovani. I dubbi permangono visto che la famiglia, per giunta cristiana, è ancora uno dei collanti imprescindibile della nostra società nazionale. Segnali che lasciano intendere una possibile volata finale alla presidenza della repubblica, da parte di autorevoli esponenti del suo partito, piuttosto che Silvio in persona, dinanzi all’impossibilità di eleggere un ex-premier che divide, persino su questioni di carattere così privato.
E non è finita qui. Ulteriori complicazioni si scorgono quando dal caso particolare si sposta l’attenzione a quello generale, interrogandosi sui modelli culturali proposti da questa sensazionale esperienza pubblica. Ci si interroga così sul tipo di cultura femminile che il centrodestra propone, dal momento che l’esperienza televisiva delle veline, meglio se laureate, ha rischiato di diventare una nota curriculare di merito per entrare nel professionismo politico italiano ed europeo. Come non ricordare la nomina di Mara Carfagna a ministro delle pari opportunità che ratifica questa tendenza. Il rischio è culturale è a monte, quando veline, soubrette, e star televisive, sono assunte a modello professionale da parte di laureate, magari con il massimo dei voti. Ma questo è un problema delle donne italiane, delle loro aspirazioni di successo e delle strade che intraprendono per raggiungere obiettivi di visibilità pubblica, dentro percorsi di ascesa sociale che, al momento, sembrano disegnati completamente dagli uomini di potere, e dal desiderio di questi ultimi di vedersi circondati di belle donne, di anteporre l’aspetto fisico all’esperienza maturata in altri campi.
Se siamo d’accordo sulle tante implicazioni che la vicenda privata fra Veronica e Silvio ha sulla sfera pubblica, andando aldilà della mera separazione fra il presidente del consiglio e la first lady, allora ci sembra giusto che la società e l’opinione pubblica italiana discutano liberamente, nei modi e nei tempi richiesti per digerire la notizia, come occasione imprescindibile per ribadire i valori su cui si fondano gli equilibri della famiglia italiana, i destini e le aspirazioni femminili, mettendo in discussione tabù preesistenti e vecchi presidenti.
Su gentile concessione dell’autore. Dal blog ThinkThanks