A volte capita…
… di dover dar conto di un silenzio. Troppo lungo perché si spieghi da sé. A volte capita che nessuno ti faccia la domanda la cui risposta è pronta da tempo, sulla punta della tua lingua. A volte capita… che i pensieri si affollino nella testa e confliggono, per uscire tutti insieme, che poi finisce non ne esce nessuno. A volte capita…di guardarsi intorno ad osservare la deriva triste di un’umanità senza speranza, che ha tirato i remi in barca e – arraffando ciò che può prima che lo faccia un altro – saluta beffarda quelli rimasti a terra.
A volte capita di non trovare le parole politicamente corrette per esprimere il disagio di persistere in una comunità che ha smarrito la “visione del mondo che vorremmo” e che – famelica – attende la fine con rassegnata ostinazione. A volte capita di trovare un attimo di tempo per dirsi che il “qui ed oggi” non può essere la prospettiva di un’intera esistenza, pendolante fra la leggerezza dell’essere e la crudezza del sopravvivere, questo sì sempre più segnato sulla pelle scura. A volte capita che le galline razzolino felici nell’aia, felici di beccare ed ingrassare, senza porsi domande su quali tavole imbandite saranno servite. A volte capita di pensare a tutti noi, imprigionati nella gabbia dorata di facebook, incapaci di leggere sul volto scuro di nostra madre la solitudine che la divora.
A volte capita di sentir salire dal profondo la voglia di urlare. A volte no
si, a volte capita, ma le donne sono guerriere, e sanno da milenni come RESISTERE, guardare avanti e costruire 🙂
http://www.youtube.com/watch?v=mGfvnwP72JY
Tra le righe si percepisce l’amarezza per un mondo che procede all’impazzata, che non da il tempo di fermarsi a riflettere e neanche il tempo per godere di quei rari momenti di gioia che con fatica la vita ti regala.
Un mondo che spaventa chi vuole prendere iniziative migliori e alternative, un mondo che ci vuole globalizzati nei pensieri oltre che nelle azioni e a soffrirne sono le persone che ancora riescono a sentire il battito del loro cuore e che ancora cercano di cambiar questo mondo che non funziona, inutile negarlo. Quando dentro di te è forte la forza di un’ idea che tu reputi giusta si avverte la spinta di essa che con forza preme per uscire ed è doveroso aver il coraggio di darle voce e accompagnarla all’uscita dei nostri pensieri a costo di soffrire e di mettersi contro qualcuno.Bisogna avere il coraggio di essere se stessi e di essere quello che vogliamo noi, non quello che egoisticamente vogliono gli altri.
Bisogna dar voce a quel silenzio che prende posto dentro di noi e che ci rende più tristi e fragili, non dobbiamo vergognarci di quella che è la nostra visione del mondo e di quelle che sono le nostre idee perchè sono lo specchio del nostro essere creatura uguale e diversa dalle altre.
Scriverei, ad esempio, della nenia che cantano la sera, le ragazze della Nigeria, sulla Sita. Prima di vendere il loro corpo nello squallore sporco che si annida dietro le mura delle fabbriche di Nocera. E’ una nenia, lenta e dolce, che ti fa appesantire le palpebre e ti fa pensare all’abbraccio affettuoso che anche quella sera non avranno. Poi le vedi sui barconi, gli occhi grandi, pieni delle parole che non avranno voce, qualcuna con un bimbo in grembo, qualcuna con un dolore di troppo alle spalle.
a volte capita che lo facciamo capitare. perchè l’istinto si libera dalla ragione e finalmente usciamo fuori. o perchè semplicemente abbiamo bisogno di liberarci dalla gabbia per uscire a vedere se troviamo qualche essere umano. o perchè siamo stanchi e temiamo di aver fatto scelte sbagliate. o peggio, che siamo stati incapaci di scegliere. in quel caso prendo un aereo e vado lontano.
recentemente pensavo ad un bel film da rivedere con qualche amica, almodovar “donne sull’orlo di una crisi di nervi”. lì sì che che capita, di tutto.
Concordo con Caterina non bisogna arrendersi, ma quando non ci sono spazi per la mediazione, non ci sono terreni condivisi, ci passa la voglia di esprimere quello che ci passa per la testa. E allora può capitare che il silenzio sia interpretato come disprezzo, rifiuto. E allora l’interlocutore alza la voce, dimostrando la propria impotenza attraverso la sopraffazione e la prepotenza. E ci spegniamo. O ce ne andiamo, magari solo con la mente..
Perché ci sentiamo fuori posto, in un mondo che non riconosciamo, che ritiene che il “respingere i clandestini è legittimo” dimenticando i clandestini italiani che nel dopoguerra migravano verso la Francia e la Germania a costo della vita, che “la vita va sempre difesa” anche se non ha più nulla di umano e via scadendo…
a volte capita che tuo fratello ti chieda di andare a cinema.è il 22 maggio è una bella serata, ma sei stanco e non ci vai. alle 24 lui ti chiama: 120 auto nel parcheggio, metà rubate e metà danneggiate…potete venire?chiami la polizia, e quella ti risponde “chiamate i carabinieri”.chiami i carabinieri e quelli arriveranno dopo 1 h.
a volte capita che dici “nemmeno l’Happy è più sicuro”, perchè già hai cancellato altri luoghi della città, del divertimento, della mappa della vita sociale.come se fossi in guerra, in un paese nemico, sai che ci sono posti dove non puoi più andare.
allora preferisci stare a casa, chiuderti nel tuo bozzolo piccolo, sempre più piccolo, per stare “sicuro”.
e poi il bozzolo diventa talmente soffocante, che cominci a pensar male degli altri, a non vedere più in là del tuo naso.qualcuno, a furia di chiudersi, vuole il posto riservato in metropolitana, rovesciare le barche, rintanarsi nelle chiese.
essere giovani, con l’impotenza di sentirsi vecchi, senza l’arroganza, e la forza di riprendersi una strada, da quella sotto casa, a quella che porta più lontano.