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Mirafiori e la babele delle parole

Riformista, migliorista, progressista, operaista, anti-operaista, conservatorismo di sinistra, autonomista, liberista…queste alcune, ripeto alcune, delle centinaia di parole sprecate per dare una categoria politica, o analitica che sia, alla questione Mirafiori. L’eccesso di zelo da parte degli “intellettuali” – organici o inorganici, da bar o da autobus – e dei vari opinionisti (mestiere sempre più battuto) ha prodotto non poche confusioni sul piano della valutazione. Questo rincorrersi di vecchie e nuove parole ha reso complesso, e fuori misura, la possibilità di riuscire a vedere chiaro il problema sulla questione Mirafiori.
Il frutto di questo processo ha letteralmente dissolto quelle che Carl Schmidt definiva le categorie del politico, addirittura travalicando quelle che dovrebbero essere le posizioni di partito, fino a schiacciare e personalizzare i messaggi. Quindi possiamo tranquillamente trovare un Marchionne riformista ma anche anti-operaista. E personaggi come Fassino possono essere miglioristi ma anche liberisti. Landini è operaista ma anche un conservatore di sinistra.
In un slancio di presunzione sociologica, potrei spiegare il tutto affermando che “è il frutto della dissoluzione delle categorie della modernità e che la frammentazione delle classi ha sviluppato una rottura del discorso pubblico, davanti a questo macro fenomeno linguistico le categorie interpretative della modernità sono inadatte per spiegare il processo di cambiamento della società e del relativo linguaggio politico” (Ederoclite 2011).
Ma temo che questa posizione mi porterebbe ad essere additato come un riformista-liberista-progressista-migliorista-operaista-anti-operaista-conservatore di sinistra….lascio a voi la scelta.

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