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7/10/2004

I latini gi? lo sapevano: sine pecuniae

Rosanna De Rosa, ore 6:15 pm

La matematica piace a pochi, si sa. Ma occorre farci i conti, soprattutto se i conti valgono una elezione. Ancora una volta, infatti, la stampa internazionale che segue a stretto giro questa campagna, manca il punto. Anzi ne manca due. Chiaramente esposti in un editoriale de Il Mattino (del 29 agosto) da Mauro Calise.
Il primo punto chiama in causa la globalizzazione politica, la riconduzione della politica americana a politica nazionale globale; ci stiamo abituando al fatto cio?: ?che queste sono anche nostre elezioni. Perch? sar? l’economia americana in autunno a tirare - o affossare - la ripresa dei paesi europei. E saranno le scelte statunitensi in materia di guerra a scandire, nei prossimi anni, il calendario della nostra pace?.

Dietro le righe, una guerra ideologica: gli intellettuali neocons, che costituiscono il pensatorio strategico di Bush, tirano la coperta della politica verso il piano della nazionalit? riconducendo ogni decisione – soprattutto quelle di politica estera – all’orgogliosa prerogativa dell’ultimate decision.
Dall’altra, l’opinione pubblica internazionale stanca anche della tragica enormit? di guerre e terrorismo senza confini (nazionali) – rivendica il diritto di avere pi? voce nella politica americana, fin dalla scelta principe: l’elezione del suo nuovo presidente. E’ in questa chiave che va letto il fiorire in rete di iniziative quali, ad esempio, The World Votes (iniziativa olandese) e Voice without Votes (iniziativa canadese) che hanno gi? raccolto centinaia di migliaia di iscritti al voto (consultivo).
Ed ? su questo terreno (nazional-globale) che si starebbe consumando anche il (piuttosto malinterpretato) sentimento antiamericano.

Il secondo punto riguarda il vil denaro: ?Ci sono i finanziamenti, legalmente certificati ma niente affatto disinteressati, delle grandi e piccole imprese, alla ricerca di un canale privilegiato - e lubrificato - di accesso al futuro governo. Ma ci sono anche i milioni di contributi volontari e individuali con cui i cittadini americani partecipano attivamente alla sfida. Pronti, come nella migliore tradizione anglosassone, a sostenere le proprie idee innanzitutto con la propria tasca?.
Di quanto parliamo? I conti in tasca ai due candidati li sta facendo The Campaign Finance Institute , un’organizzazione indipendente e no-profit affiliata alla George Washington University. Ed i conti sono in linea con l’interpretazione corrente di un ritorno alla politica dei cittadini americani.
I candidati avrebbero infatti raccolto – immediatamente dopo le conventions (rilevazione ad agosto) – l’88 per cento in pi? di quanto raccolto nelle elezioni del 2000 (i finanziamenti non federali in gergo sono detti: Soft Money). Un record che ammonta a 684 millioni di dollari, in vecchie lire - quelle che ancora riescono a darci il senso concreto della quantit? - un impronunciabile numero a tredici cifre: 1.324.408.680.000

I piccoli contributi (quelli della gente comune) sarebbero addirittura quadruplicati, mentre i grossi finanziamenti raddoppiati. Kerry avrebbe raccolto in generale pi? soldi di Bush, e ne avrebbe anche spesi di pi? nella pre-campagna per consolidare la sua immagine. Bush invece ha preferito fare la cresta sulle spese pre-elettorali per concentrare lo sforzo organizzativo e finanziario nella horce-race vera e propria, sapendo che, in definitiva, ? questa la campagna che conta e convince.

Per concludere quindi un invito a liberare l’analisi politica della sua crosta mediatica, per dare uno sguardo – disincantato - anche nelle retrovie, dove la battaglia viene combattuta da eserciti di formichine, ?una rete intricatissima di uomini e interessi che restano la spina dorsale della democrazia americana?.

2 Comments

  1. Riguardo al “terreno nazional-globale” su queste elezioni, va citata inoltre la presenza di un gruppo di osservatori sul campo, non statunitensi, che sta dando anche consigli alle autorit? USA, con sommo disgusto dei repubblicani.

    La vicenda viene ripresa ora da cnn.com – “…alcuni osservatori internazionali che hanno studiato in Tajikistan, Ethiopia ed altre democrazie emergenti… stanno esaminando il processo elettorale USA per vedere se aderisce agli standard internazionali sulle libere elezioni…e hanno gi? trovato i tipici problemi dei paesi con meno di 200 anni di esperienza nelle votazioni.”

    http://www.cnn.com/2004/ALLPOLITICS/10/07/election.observers.ap/index.html

    berny — 7/10/2004 @ 6:52 pm

  2. finalmente qualcuno parla di vil denaro…ormai sempre pi? importante nella politica americana e non solo. aspettiamo con ansia altre news.

    evelina — 8/10/2004 @ 6:58 pm

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