Auspicabile un duello TV anche in Italia?
Repubblica lancia l’idea, non nuova, anzi, periodicamente ripescata dai dibattiti dello spazio pubblico. E, a ben ricordare, una cosa del genere ? gi? successa. Nel 1994 Berlusconi e Occhetto si confrontarono a viso aperto da Mentana, nel 1996 fu Lucia Annunziata a fare da arbitro nell’incontro tra Berlusconi e Prodi. Poi “l’esperimento” fu accantonato, e il Cavaliere rifiut? la sfida televisiva con Rutelli nel 2001. Ma la politica italiana ? pronta per queste forme di campagna elettorale? E i media lo sono? O comunque, si pu? davvero replicare il modello americano, sostituendo a Bush e Kerry i nostri Berlusconi e Prodi?
Proviamo a ragionarci un po’ su, senza entrare nel merito delle dinamiche politiche, che pure susciterebbero molto interesse e meriterebbero lunghe riflessioni, ma mantenendoci in un’ottica di pura comunicazione politica.
Almeno tre gli elementi di immediata ed evidente discordanza rispetto al modello statunitense.
Il primo punto di rottura riguarda il sistema bi-partitico secco e la natura dell’elettorato. Lo schema statunitense poggia sulla spettacolarizzazione della campagna elettorale, e verte verosimilmente su caratteristiche di personalizzazione giocoforza assai marcate. Ragion per cui gli elettori-spettatori sentono la necessit? del duello TV non solo e non tanto per venire a conoscenza dei programmi dei candidati, ma per conoscerli a tutti gli effetti, giudicandoli secondo i rapporti di forza che dimostrano di avere nei confronti dell’avversario. Non caso Dayan e Katz analizzano gli aspetti rituali e simbolici degli eventi politici mediatizzati, sostenendo che ?gli eventi dei media vanno al di l? del giornalismo, evidenziando il carisma e l’azione collettiva, a dispetto dell’autorit? istituzionalizzata? (Dayan, Katz 1993, p.24).
E’ il motivo per cui vengono messi in mostra tutti i minimi particolari, senza che ne sfugga uno all’occhio televisivo, sia dei programmi ma soprattutto degli aspetti comportamentali dei candidati, basando sul duello televisivo l’intero dibattito pubblico. Uno screening completo sui caratteri, un’analisi psicologica delle reazioni, uno studio accorto del “dietro le quinte". Neppure va dimenticato che ai cittadini statunitensi non piace granch? andare a votare (nel 2000 il record storico negativo, poco oltre il 50% a livello nazionale) e che il sistema stesso di registrazione ? complesso: occorre farlo esplicitamente e ogni volta che si cambia casa, e decidere con quale partito ci si schiera. Per non citare le differenze normative in ambito statale e locale, con inghippi che vanno dai molti esclusi per condanne ormai scontate o simili situazioni (in Florida quattro anni or sono e anche in questi giorni) alle palesi malfunzioni dei sistemi di voto elettronico. Perci? il punto di partenza (e anche di arrivo in parecchi casi), non ? neanche scegliere tra i vari candidati, ma schierarsi, votare, farsi coinvolgere dalla politica in senso stretto – come ha dimostrato sopratutto stavolta il moltiplicarsi di iniziative per registrarsi al voto (per lo pi? in ambito Democratico).
Il secondo punto critico sarebbero le regole del gioco. I politici italiani sono meno abili alla sintesi e meno portati ad una dialettica accanita, pi? ripiegati su ping-pong polemici ad uso e consumo dei telegiornali “a panino". Gli esempi poco felici dei talk-show urlati non aiutano a creare un clima di distensione rispetto ad un confronto diretto e secco, a una competizione accesa ma serena, che duri novanta minuti, per esempio, come negli USA. Ma sarebbe interessante scoprire la gestione dei tempi serrati da parte dei politici, le loro priorit?, la capacit? di rispondere a caldo senza l’aiuto dello staff, la cura della preparazione degli imprevisti in un dibattito TV.
Ancora, l’impressione ? che i media italiani siano ancora troppo “selvaggi” per avere davvero un compito del genere, che negli USA ? di fatto istituzionalizzato e disciplinato da rigidissimi regolamenti. Come
abbiamo gi? segnalato e come illustra il libro fresco di stampa in USA “No Debate: How the Republican and Democratic Candidates Secretly Control the Presidential Debates", ogni minimo dettaglio di tali dibattiti viene predefinito dalle due parti in causa: chi e come parteciper?, chi far? le domande… fino all’angolo di ripresa della telecamera.
C’? poi la questione delle issues politiche. A questo proposito Dayan e Katz sostengono che ?gli eventi mediali concentrano l’attenzione della opinione pubblica e attivano la discussione su un determinato tema o su un insieme di temi, anche se non tutti i temi beneficiano di uguale attenzione? (Dayan, Katz 1993, p. 216). Il confronto diretto tra i candidati potrebbe realmente ordinare l’agenda dei temi e renderli pi? comprensibili ai cittadini. Ma qui viene chiamata in causa l’abilit? degli staff, degli spin doctors, e soprattutto degli strateghi televisivi nel confezionare l’evento.
I candidati parlano e espongono le loro idee, ma sta ai leader d’opinione la gestione dell’evento che permetta loro di esercitare un’influenza sull’opinione pubblica. E i leader stavolta devono assumere un comportamento non engag?, che sia il pi? possibile imparziale e oggettivo, nel momento pi? importante del dibattito politico. Ma che stimoli un confronto che unisca provocazioni a contenuti, non una semplice astuzia persuasiva.
Non va dimenticato infatti che uno degli obiettivi – anzi, forse quello centrale, in particolare in queste presidenziali – ? quello di orientare gli indecisi. E a quel punto pi? delle capacit? di seduzione finiscono per contare (per fortuna!) i fatti, i programmi, le promesse. Il rischio infatti ? che alla lunga conti pi? il contorno del contenuto, e che i duelli televisivi si rivelino un boomerang per il pubblico, troppo ancorato al ruolo di pseudo-evento cos? bene descritto da Sartori (1999). In questo modo ci si trova davanti ad un elettorato non pi? aiutato in un percorso di orientamento, ma bersagliato di immagini simboliche che tralascino fin troppo la natura politica della campagna elettorale.
E chiss? se in Italia sia davvero il caso di correre (anche) questo rischio.
Riferimenti:
Berlusconi e Prodi: faccia a faccia televisivo.
Katz Elihu, Dayan Daniel, Le grandi cerimonie dei media, Bologna, Baskerville, 1993.
Mazzoleni Gianfranco, La comunicazione politica, Bologna, Il Mulino, 1998
Bentivegna Sara, Al voto coi media, Roma, Carocci, 2000
Sartori Giovanni, Homo videns, Bari, Laterza, 2002
Pisicchio Pino, Il voto acerbo: influenza dei media e della comunicazione politica sugli atteggiamenti di voto, Bari, Levante, 2001
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