Un pensiero agli esclusi
Ci siamo. Dopo lo sfavillio delle bandierine, i rintocchi degli slogan propagandistici, le strette di mano pregne di sorrisi accattivanti, le segrete manovre nelle stanze dei bottoni, lo spettacolo politico pi? roboante del pianeta giunge alla sua conclusione: chi sar? la vedette premiata dai (pochi) elettori americani? L’immaginario statunitense ? pi? aderente al progetto messianico-militare di Bush o al pi? sfumato piano internazionale e pacatamente riformista di Kerry? O – pi? probabilmente – a nessuno dei due? In realt?, al di l? dello scontro mediale, sul piano dei contenuti i due candidati presentano davvero poche differenze: in un caso o nell’altro i grandi capisaldi che hanno orientato il disastro americano – quindi mondiale – degli ultimi decenni restano salvaguardati. In questo senso bisogna apprezzare il coraggio delle poche voci fuori dal coro, come N. Chomsky, che hanno sottolineato come un’altra America esista e sia possibile soprattutto al di l? di Kerry e di Bush, al di l? della video-politica che non fa altro che confermare, attraverso la finzione della democrazia dell’alternanza, il dominio del moderno in tutte le sue sfaccettature illiberali e militaresche.
Ne abbiamo avuto l’ennesima conferma nelle varie convention, nei round televisivi, nei pettegolezzi della stampa popolare e nelle battute di mogli, ex fidanzate e figlie modello dei due candidati: il contenuto della campagna elettorale ? la capacit? corporale dei leader di suscitare empatia, identificazione e contagio emotivo. “Per ci? che concerne le sue conseguenze dirette – parafrasiamo McLuhan – il corpo ? il messaggio”. Nel momento in cui uno studente matricola di mediologia osservasse con un minimo di piglio critico le contese televisive dei due candidati, si renderebbe immediatamente conto che il cuore dell’evento risiede nella capacit? seduttivo-carismatica (per la verit? debole) dei protagonisti. Esaminando le loro parole ci accorgeremmo che i loro progetti (sic!) sono in realt? indistinguibili, se non fosse per una predisposizione pi? radicale di Bush. La realt? ? che la politica americana ? invasa da un acuto vuoto di contenuti, conta solo il contenente – la scatola televisiva e il corpo del leader.
Siamo nel punto apicale della trasfigurazione del politico (Maffesoli), nel momento in cui lo scisma tra il corpo politico e il corpo sociale – tema caro ad H. Arendt – si avverte in maniera pi? sensibile, in cui i linguaggi, le azioni, i modi d’essere e le temporalit? della societ? che “pensa e governa” e di quella che “vive ingovernata” sono sempre pi? distanti e asincroni, in un quadro asimmetrico e incoerente dove sempre pi? spesso vengono messi in luce conflitti e opposizioni tra istituzioni e soggetti che, invece, dovrebbero convivere e corrispondersi in uno stretto legame, condividere lo stesso ritmo vitale, abitare lo stesso mondo.
La televisione assume nella tarda modernit? un ruolo ambiguo per ci? che concerne l’evoluzione delle forme di potere: consente in maniera piena la realizzazione delle democrazie rappresentative ma, allo stesso tempo, proprio nel suo percorso espressivo e culturale – nell’anima delle soggettivit? che allena e illumina – incuba e contiene i virus che aggrediscono e corrodono le logiche, i poteri e i corpi della modernit? e della politica stessa. Le basi della distruzione creativa del nulla americano risiedono proprio nel seguito tecno-culturale e al di l? del piccolo schermo, nonch? fuori dalle urne elettorali. Sono gli esclusi della modernit? americana i nuovi barbari ai quali ? affidato la rifondazione della consunta sfera pubblica. Gli emarginati, gli immigrati, le culture metropolitane e le cyberculture che hanno momentaneamente visto in H. Dean il simbolo di una politica che si scioglie nei flussi delle reti e si riaffida all’orizzontalit? dell’ordine societale. Il futuro dell’America – quindi il futuro del mondo – ? affidato proprio agli immaginari e alle pulsioni ri-creative di quanti domani non voteranno, non assisteranno allo spettacolo finale, non applaudiranno il vincitore, ma continueranno ad elaborare il proprio esserci e rifare il mondo fuori dallo schermo televisivo, fuori dalle fittizie cornici della democrazia rappresentativa dell’alternanza e dalle obsolete maglie della modernit? occidentale.
La societ? dello spettacolo ha in s? il potenziale dionisiaco per consumare – bruciare – la spessa corazza della civilt? di massa, di trasformare in rovina i corpi e gli schermi della politica moderna. In tal senso la mediamorfosi digitale – nonch? il passaggio dalla televisione alle reti come cuore dell’industria culturale – pu? fungere da dispositivo e finanche arma per andare al di l? di Bush e di Kerry, delle loro maschere insignificanti, vuote di contenuti. Il re clandestino dell’epoca risiede nei territori ricchi e oscuri, silenziosi e brulicanti dell’immaginario collettivo contemporaneo: ? da quella postazione che si sta levando il presente-che-va-facendosi-futuro. Al di l? di Bush e di Kerry.
2 Comments
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complimenti,vincenzo,hai colto nel segno…
ale — 2/11/2004 @ 10:16 am
“Al di l? di Bush e di Kerry": bene!!
Giovanni — 2/11/2004 @ 12:13 pm