Americani, elettori umorali
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Verrebbe da dire che la politica americana ? una politica basata sulla percettibilit? degli umori. Al di l? dei sondaggi e del lungo tour elettorale che dalle primarie in poi oramai ? quasi un anno che riempie gli Usa di parole e di proiezioni, si ha ancor di pi? l’impressione di come sono fatti gli elettori americani. A molti sembrano un popolo di indecisi e di astensionisti. Ed in parte lo sono.
Ci? per? come risultato di un doppio processo: da una parte lo sgretolamento ideologico ed organizzativo delle strutture di partito che, di fatti, si sono ridotte a potenti macchine elettorali e, dall’altra, il progressivo allineamento delle piattaforme elettorali che vedono scontrarsi nell’arena elettorale, candidati sempre simili, su posizioni politiche mai davvero radicali. Quanto pi? la Politica si fa dunque invisibile ed impercettibile, tanto pi? diventano elementi basilari di giudizio e di scelta le caratteristiche personali dei candidati.
Lo dimostra il tasso d’ascolto elevatissimo per la sfida televisiva di Miami: gli americani hanno bisogno di tastare il polso ai propri candidati, studiarne le reazioni, la personalit?, il piglio anche pi? dei proclami sulla guerra o sulla programmazione economica. Di guardarli in faccia e metterli alla prova, non tanto come amministratori pubblici, ma come veri e propri condottieri. C’? qualcosa di sottile dietro i giochi di specchi con cui i candidati si mostrano per la prima volta alla Tv. C’? un primato dell’immagine e dei toni che sono ancora piuttosto sobri, ma che travalicano le argomentazioni. Come se ci fosse una lotta solo ad un livello di sovrastruttura pregna di esteriorit?, e non nella struttura politica dei due candidati e dei loro rispettivi programmi. Ma davvero ? solo forma, o anche in questo primato dell’immagine si racchiude una sostanza politica?
Da una parte c’? l’indole di Bush che ostenta sicurezza, dall’altra l’enfasi di Kerry che sa di dover recuperare punti di popolarit?, rispetto ad un elettorato che deve ancora conoscerlo a fondo e capirlo davvero. Da Miami arrivano sondaggi che vedono Kerry in crescita, ma anche la sensazione di trovarsi due candidati meno diversi di quanto si immaginasse. Questa sorta di somiglianza che sembra avvolgere i due sfidanti va a suffragare le non poche correnti di pensiero secondo le quali negli USA cambier? ben poco, in linea generale. E che per questo l’unica vera issue politica alla quale gli americani sono realmente interessati sia quella della sicurezza. In effetti l’opinione pubblica americana guarda con gran risalto alla questione della sicurezza, e lo stesso flusso di popolarit? dei due candidati risente sensibilmente delle vicende irachene. Kerry che fa perno sugli errori della gestione della guerra criticando l’intervento militare in Iraq (ma non quello in Afghanistan), Bush che si chiede come vincere la guerra, e dunque non si pone il problema della sua legittimit?.
Stupisce per altro che le scaramucce dialettiche siano ancora abbastanza contenute. Come pure i flussi di opinione si lascino coinvolgere dalle prese di posizione di Kerry, che ha sorpreso per autocontrollo e piglio, pi? di quanto si potesse prevedere. Lo spazio pubblico di confronto ? dunque diventato l’arena televisiva, senza pi? possibilit? di nascondere le imperfezioni e celare i difetti tanto dei programmi quanto dei caratteri. E si procede a vista, con un occhio all’avversario e uno ai sondaggi.
Pu? quindi essere letto in quest’ottica anche l’annuncio di Rumsfleld di pensare a un possibile ritiro delle truppe USA dopo le elezioni irachene. Siamo quindi solo all’inizio di una partita a scacchi, in cui si alterneranno passi avanti e dietrofront. Ma non sono pi? i candidati a condurre il gioco, bens? gli umori della pubblica opinione a condizionare le scelte dei due staff.
La prossima tappa sar? il faccia a faccia tra i due candidati alla vicepresidenza, Edwars e Cheney. Sar? qui che si giocher? la vera partita – forse.
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