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4/10/2004

Il sogno imperialista degli intellettuali americani

Fortunato Musella, ore 8:55 pm

La politica estera ha da sempre rievocato immagini di accordi segreti, di verit? sepolte sotto il fango della manipolazione, di cospirazioni, di azioni sotterranee compiute da poteri occulti. Tanto che quello delle relazioni internazionali ? stato spesso considerato come un campo in cui il cittadino smette di esercitare le sue gi? fragili prerogative, riducendosi al minimo le sue possibilit? di controllo.

Il mondo in cui viviamo, nonostante i progressi delle tecnologie della comunicazione, non ci regala purtroppo un’inversione di tendenza e l’opinione pubblica assiste, specialmente a partire dai fatti dell’undici settembre, ad episodi fatti di morte, di terrore, di guerra che non pu? capire a fondo. Tutti frammenti di un piano politico che a volte sembra dotato di coerenza ma che per lo pi? sfugge alla ricostruzione. E cos? la politica da arcana sembra divenire irrazionale, costituendosi come locus specifico in cui fondamentalismo e imperialismo si uniscono in un abbraccio letale.
C’? anche per? chi non si rassegna all’impossibilit? di ricondurre le dinamiche della politica mondiale alla lucidit? dell’analisi. Fino a scavare nella cabina di regia pi? importante per la definizione degli equilibri mondiali: la presidenza americana. Si guarda cos? a fianco e dietro Bush, alla ricerca di influenze sulla direzione della politica americana e degli elementi che hanno contribuito a calcare i tratti della missione americana nel mondo.

E’ questa la strategia di ricerca di Ottorino Cappelli (Gli intellettuali di Bush vanno alla guerra. Guida alla lettura, Europa Mondo, n.1, 2003), che richiama l’attenzione sui neo-conservatives o neo-reaganiani, teorici e sostenitori della nuova linea imperiale USA.
I membri del gruppo ricoprono cariche politiche di rilievo o sono accademici di prestigio. Sono stati firmatari circa sette anni fa di un manifesto nel quale il ruolo della leadership americana del mondo veniva delineata in chiave di forte, si potrebbe anche dire aggressivo, attivismo internazionale. Gi? esplicito il suo nome: il Project for New American Century.

Cappelli accompagna il lettore in una chiara ricostruzione storica del percorso che ha portato alla formazione del gruppo e alla convergenza politica e culturale dei suoi componenti in un unico ambizioso programma. Ne rintraccia le origini nella reazione, interna al partito democratico, rivolta alle frange che negli anni sessanta si opponevano alla sporca guerra del Vietnam, giudicate come traditrici della missione americana e delle ragioni della crociata anticomunista.

La rottura con il partito democratico avviene poi durante la presidenza Carter, considerato come debole nello stile di leadership, per poi approdare al partito conservatore e trovare nuovi motivi di consenso nella politica internazionale prima di Reagan, poi di Bush padre. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, con il presidente Bush jr al potere, i neo-cons scalpitano per mettere in piedi il progetto dell’internazionalismo unilaterale, una sorta di imposizione senza condizioni dell’ordine mondiale americano. E l’occasione arriva dopo l’undici settembre, quando il gruppo prende in mano l’iniziativa, in seguito a numerose manovre sotterranee.

L’ideologia neoconservatrice interpreta il predominio statunitense nel mondo come il segno dell’imminente realizzazione di un impero su scala mondiale. Se ? vero che i neocon avrebbero mutuato da Trotzky l’idea dell’impossibilit? del capitalismo in un solo paese, cos? come era stato per il socialismo nella teoria della rivoluzione permanente, allora il raggio d’azione del programma neoconservatore non si limita ad alcune aree del pianeta di interesse strategico. La cosiddetta liberazione dell’Iraq non ? che il primo punto di un piano.
L’articolo di Ottorino Cappelli stimola interesse ed inquietudine insieme. Apprezzabile ? l’impianto storico, in un contesto in cui spesso si tende ad interpretare in maniera radicale il paradigma della comunicazione, affidando gli esiti elettorali ai sorrisi e alla battute delle conventions, e legando il corso della storia ai lifting a alle strategie di marketing politico. In uno spazio asettico in cui l’ideologia sembra perdere di spessore e la storia appiattirsi al presente.

Difficile stabilire per? il reale peso del gruppo dei neoconservatori sulla politica statunitense, perch? su questa incide senza dubbio un inestricabile intreccio di interessi economici e lealt? politiche. Probabilmente la complessit? della politica americana non si lascia spiegare con l’azione di una piccola cricca ben delimitata, anche se in grado di interpretare il concetto di patria come una religione e di elaborare la strategia della guerra infinita. Di sicuro, per?, Cappelli getta luce su un fenomeno, la radicalit? delle posizioni ideologiche dell’entourage di Bush, che l’Europa non ha approfondito abbastanza e su cui forse non ha il coraggio e la forza di riflettere.

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